venerdì 11 gennaio 2008

Gol!

Ho colpito la palla.
Il portiere non può fare nulla.
La sua faccia si contorce in una smorfia furiosa.
Mi guarda come ad insultarmi.
Il momento non passa mai.
Lo rivivo nella mia testa centinaia di volte.
Il pallone a mezz'altezza, sulla linea di porta.
Il tifo che si zittisce.
L'arbitro che sta per fischiare la fine.
Immobili.
Ogni cosa fermata dalle mani dell'emozione.
Dal sospiro del tempo.
Le gocce di sudore sul mio naso che, come stallatiti, cadono copiose.
Tutto aspetta.
Tutto guarda il secondo della sconfitta.
L'odio degli altri giocatori.
Il mio gesto atletico che verrà ricordato per sempre.
Il mio ginocchio piegato in maniera scomposta, il mio volto distorto dalla stanchezza che guarda la porta.
Io guardo a destra.
La palla è dietro di me.
Dietro la porta che sto difendendo.
Appena questo attimo finirà.
Tutto scorrerà come prima e la partita sarà conclusa.
Dovrò scappare.
Ho mirato dritto davanti a me.
Ma la palla entra nella porta sbagliata.
L'odio è dei miei compagni.
La felicità degli altri.
Meglio scappare.

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