domenica 26 ottobre 2008

Giustificazione

Non è che non scrivo nel blog, è solo che ogni giorno scrivo e cancello.

Preferisco fare così.

lunedì 13 ottobre 2008

Momentum

G. si è svegliato presto questa mattina, il sole non è ancora sorto e l'unico suono che si sente è quello della pioggia.

Ogni goccia ovale e perfetta cade diagonalmente sulla sua finestra, creando figure ora felici, ora tristi, a volte incomprensibili. Si è alzato con qualcosa in testa, un pensiero fisso, martellante.

Gli attimi in cui un tuo amico ti canticchia una canzone e non te la togli più dalla testa. La canti, la pensi e il mattino dopo è ancora lì, magari non ti ha fatto dormire.

Il letto nella camera polverosa è ancora sfatto, non si rifà mai il letto, è legge.

La copertona in pile di topolino, il plaid a trama scozzese, le lenzuola con i delfini.

Quante cose inutili e becere ricoprono quella vecchia casa.

G. sbuffa, si lecca un labbro per inumidirlo e passa la sua esile mano tra i capelli finalmente lunghi, lunghi e sporchi.

Ha aspettato tanto per farli crescere, per essere diverso, ha aspettato anche che arrivasse la barba, che arrivassero i baffi, per essere un uomo, irriconoscibile, altro che faccia da bravo ragazzo.

I capelli colano olio, coprono le orecchie, parte del volto e si fermano a metà della schiena.

L'era delle magliette con stampa dietro è finita, benvenute camicie sdrucite e tristi.

La pioggia non smette, mentre con passo apparentemente deciso si avvicina verso la buca delle lettere, da lì a quell'ora, vede svolazzare una bustina lilla, come la mucca.

Qualche attimo e la busta cade per terra, nessun rumore ovviamente.

G. stropiccia gli occhi, toglie via qualche caccola e si piega come una gru sul contenitore cartaceo. Le dita lo afferrano con forza, lo studiano per vedere cosa c'è dentro, poi l'intelligenza ha il sopravvento: lo apre.

Istanti di vuoto, di nuovo, come cazzo si dice Momento in inglese? Come si dice? è tutta la mattina che ci pensa, tutta la notte, eppure non ricorda, sa che è una cazzata, ma non ricorda.

Si mette il naso tra indice e pollice e chiude gli occhi sforzandosi, la fronte si corruccia, ritorna in sè e legge il contenuto della busta, una lettera di un lilla più chiaro si fa strada nella sua mente.

Ecco come si dice. La busta è chiara, in centro ad una distanza perfetta da ogni angolo del foglio campeggia una scritta nera : Momentum.

Si dice Momentum, ecco.

domenica 5 ottobre 2008

Per sempre, comunque, complicato

Globuli di fuoco volteggiano attorno a me, come piccole sveglie fastidiose, mi ricordano che devo svegliarmi e fare il mio lavoro.
Atteggiamento comune il mio, svogliato, depresso, annoiato.
Dormire un po' dove capita, anche in un campo abbandonato dove l'apocalisse si è ritrovata quasi per caso.
L'aria è irrespirabile, la gente muore.
Già la gente muore, lavoro, lavoro, lavoro.
Non ne posso più, falce di qua, sorriso malefico di là, recitare poesie lugubri, trovare scuse decenti.
Molti hanno paura della morte, molti invece se ne fregano, ma tutti, al momento della verità non riescono a sorridere, semplicemente, se la fanno addosso.
C'è chi urla, chi sbraita, chi chiede pietà.
Chi, nella vita, si è sentito più furbo degli altri e allora prova anche con me, inutilmente, l'arte del raggiro.
“Eh, ma io sono giovane, poi forse ti sei sbagliato e bla bla bla”
Sì, certo, io mi sbaglio, io che ho una lista precisissima, mi sbaglio!
L'arroganza dell'uomo non ha assolutamente fine, così come la sua impotenza di fronte alla forza della natura.
Il problema principale è l'altissima mortalità e che mi sto pure annoiando a morte.
L'ho detto prima, lo so.
Pensate voi a fare ogni giorno lo stesso lavoro, Chaplin in tempi moderni non fa nulla in confronto a me.
A volte penso di abbandonare.
Poi qualcuno dall'alto mi ricorda che io non sto lavorando, che io non sto decidendo, semplicemente esisto per non fare esistere.
Che parole futili quelle che escono dalla mia gola secca e rinsecchita, brandelli di carne dondolano come bimbe sull'altalena.
Il piacere, il volere piacere a qualcuno, pensiero che si è installato nella mia mente vuota sin dall'antichità, sin da quando ho iniziato, eppur piacere non voglio, non mi interessa, mi rende indifferente.
Gli uomini potrebbero corrompere ogni cosa.
Se non fossi un semidio, già sarei tentato di provarci con qualche essere umano, come fanno loro.
Assurdo.
Per questo non portiamo più alcuni dei nostri qua, sulla terra.
L'ultima volta quello che si occupava della malaria, ha smesso di lavorare per prendersi un corpo umano e fare il cretino in qualche bar di Londra.
No, non va bene.
Una palla di fuoco mi striscia il cappuccio, prende subito fuoco.
Sbuffo, mi giro e guardo la Pestilenza.
Faccio un cenno svogliato con la falce, lei ricambia.
Ora, la Pestilenza, dico io.
Dico io.
Ma pensa te, io non capisco proprio.
Sapete benissimo come è fatta, lo sapete è molto peggio di me: vermetti che cadono dalle cavità oculari mangiate da piccole locuste,lingua marcia penzolante, teschio distrutto e marcio, ricco di muschio ed esalazioni tossiche, fumo verde marcio, frammenti di escrementi su tutto il corpo, abiti logori.
Almeno nei quadri delle passate generazioni era così, ed era uguale alla realtà.
Adesso, invece, ha un abito di raso nero finissimo, una pelle bianca e candida, un volto da strafica, e un corpo altrettanto irraggiungibile, si diverte sempre a spargere malattie, ma credo che qualsiasi uomo si possa prestare a morire per mano sua.
Non ha senso, sono tutti impazziti.
Il passo si fa sempre più lento.
I cavalieri dell'apocalisse, sono tutti diventati delle fighette.
E io qua, a raccogliere quello che seminano.
Ma poi, dico io, state distruggendo il mondo?
Allora fatelo bene, non usate catenoni d'oro, vestiti costosi, corpi meravigliosi.
Non usate queste inutili palle di fuoco!
Solo effetti speciali, sembra che Michael Bay abbia diretto il tutto.
Uno schifo.
Basterebbe un meteorite grande quanto la terra e BOOM.
Fine.
Che lavoro mi tocca fare.
“Signore?”
“eh?” mi giro sovrapensiero “ora chi è!”
“Eh, le volevo chiedere come va, ha una brutta cera”
un bimbo vestito come un rapper del ghetto mi parla con un accento strano.
“No, va tutto bene, tu piuttosto stai per morire, non vedi che casino c'è?” indico il cielo, con il capo chino, con poca determinazione.
“Eh, ma fichissimo, non vedo l'ora che finisca tutto, spacca da morire una morte del genere! Fifty cent, si è già beccato una palla infuocata e non è morto! Voglio far come lui!”
Mi stampa in faccia a due centimetri dai miei non occhi una mano che fa le corna, con dita adornate da anelli d'oro possenti.
Mentre lo fa viene schiacciato da una roccia incandescente.
Proseguo il mio cammino scrollando il capo

giovedì 17 gennaio 2008

Una notte nel bosco

Questa notte ho paura, dentro il cuore della campagna mi avvio a passi incerti, spaventato dalle figure della notte.
Silhouette deformate di alberi meravigliosi di giorno, che la sera diventano mostri infernali.
Fermate la mia immaginazione, sta correndo troppo.
I miei piedini insaccati in calzettoni spugnosi e avvolti da scarponcini marroni, fanno fatica a stare dritti tra i sassi e lo sterrato.
Ho il nasino rosso per il freddo e ho passato gran parte del tempo sotto la quercia a fare anelli di fumo, come i grandi.
Solo che a me fa solo un po' male la testa, loro tossiscono, sputano e puzzano.
Io non puzzo, odoro di buono, di buono bagnato.
Le foglie secche sono piene di goccioline e sono tanto bagnate, umidicce.
Credo sia ora di cercare la via di casa.
La via di casa si smarrisce sempre facilmente, secondo noi, ma in realtà è sempre lì ad attenderci.
Quando non sarà lì, quando non riusciremo più a trovarla, vorrà dire che qualcosa non è andato come avevamo previsto, o che il mostro mangiacase l'ha divorata.
Poverino, tutti lo odiano, ma lui non può fare altro, è la sua natura.
Ognuno ha bisogno di una giustificazione.
Ho il culetto bagnato, foglioline cattive.
Continuo ad avere paura.
Sono coraggioso ma ho paura.
Nel bosco, vicino la mia casa ,abitano i lupi, le coccinelle del diavolo! le api! No, i pungiglioni no, vi prego.
Non devo pensare ai pungiglioni!
Tremo tutto.
Il mio piumino non mi permette di fare movimenti completi delle braccia, come se fossero ingessate dalla morbidezza.
Il cappellino cade sui miei occhi, ogni tanto provo ad essere cieco, non mi piace affatto.
Chissà come fanno gli altri.
Uffa, sento pure i capelli sporchi, perchè non respirano, se i capelli non respirano trattengono il fiato e sudano, così si sporcano.


Sono fiero di camminare qua, tra i miei terreni.
Perchè un giorno saranno tutti miei, me lo ha detto Papà.
Perchè Papà maiuscolo? Perchè è sempre maiuscolo, che domande.
Eppure era iniziato tutto così bene, io e Tom, tutti e due a ruzzolare per la vallata, sporchi di erba,fango, insetti schiacciati.
Non prendetemi per cattivo, ma alcuni insetti sono proprio brutti e altri è giusto che muoiano.
A volte faccio la mitraglietta.
Seguo le formichine, vedo dove hanno il nido e dove ne trovo tante e ne pesto una, poi un'altra.
Dopo un po' inizio a muovere i piedi e a sbatterli con forza, velocissimamente, più veloce che posso e faccio “tatatatatatà”.
Poi smetto perchè mi stanco e vedo quello che è successo.
Spesso almeno la metà le uccido.
Ritornando al ruzzolamento, mi becco anche terriccio e spine.
Le spine delle piante cattive.
Ma quando ho il bastone le piante non fanno le cattive, sono io che con colpi di mazza le rompo.
Così imparano.
La mamma lo dice sempre, non ruzzolate, che l'erba non si toglie dai jeans!
Ma cosa ci posso fare io se Tom ha i pantaloni verdi e se ne frega!
Posso non seguirlo?
Il sole era caldo caldo, di quelli che tenti di guardarlo in faccia e lui non vuole, proprio non te lo fa fare.
O non mi guardi o mi dai la vista.
Ricattatore, a volte lo odio proprio.
Allora mi prendo di coraggio e lo sfido.
Niente, non può nulla.
Neanche gli occhiali da sole di Papà.
Il nostro ruzzolare ci ha portato tra gli alberi e la curiosità di noi bimbi è sempre la stessa.
Di quella che ti comanda il corpo.
Come gli adulti quando non vogliono far vedere le cose, ma i gesti li tradiscono.
Entriamo?
Tutti e due scuotiamo la testa, ma i nostri passi ci hanno già portato oltre il recinto, e oltre il fossatino di fango.

Il fossatino è pericoloso, ma io salto in alto.
Tom un po' di meno, ma non si sporca comunque.
La casa sopra la vallata scompare in lontananza.
Casuccia, torno presto, giuro.
Odore pungente di resina, fiorellini, mosche che orbitano su cacche giganti, le torte di mucca!
Leggendarie!
Una volta dentro il bosco, mi sono sentito un po' perso.
Tom non aveva nessun problema, però io volevo ancora vedere le coccinelle, quelle a puntini neri ma con il dorso giallo, spesso vengono mangiate dalla coccinelle del diavolo, simili ma con il corpo affusolato.
Volevo tenerle in mano, sperando che mi facessero la cacchina sul palmo.
Porta fortuna.
Nel bosco trovo subito un'alternativa.
I ragnetti.
Quelli con le gambe lunghe lunghe che tu pensi che siano spilli deformati e con il corpo piccolo piccolo.
Tom non si vede più e io ho adocchiato una super ragnatela!
Dovrei cercarlo, ma non mi va adesso.
Mi avvicino, il sole la rende luminosa ogni tanto, mentre il vento la smuove leggermente, così che, quando la perdo di vista, posso riadocchiarla con facilità.
Lo sapevate che la ragnatela è la bava dei ragni?
Io a volte provo a sputare e ad aspettare che solidifichi, però lo sputo scompare e basta.
Metto le manine sull'albero, la trama di bava è attaccata tra due alberi,è veramente grande.
La corteccia è freddina, c'è anche un po' di erbetta di quella del presepe.
Penso che potrei prenderla e fare un regalino a mamma, poi però non ho le tasche, e non mi va veramente.
Vorrei leccare la resina, ma ho un po' di timore.
Dopo aver visto quel film sui dinosauri ho paura di trovarci le zanzare che portano mostri.
Così mi avvicino con gli occhi alla ragnatela e guardo da vicino.
Guardo il ragno che cammina elegante, sospeso in aria.
Vedo come, con leggerezza inizia ad avvolgere una timida mosca nella propria saliva e vedo la voracità con cui se ne nutre.


Stupide mosche!
A poco a poco svuota il suo corpo, rendendolo una carcassa priva di vita.
Attorno a lui altri insettini minori e altre moschette aspettano solo di divenire sacrifici!
Vai ragno! Sei il migliore!
Sorrido, il mio viso si illumina.
Le onde provocate dalle mie corde vocali colpiscono quella stupenda seta, che subito inizia a muoversi, a vibrare.
No!
Urlo.
Non distruggerti!
Il sorriso scompare.
Chissà perchè è sempre così.
Una lacrima inizia a graffiarmi il visetto tondo.
Cavolo, cavolo non devo piangere, sono un ometto io!
Stupido, sono uno stupido.
La ragnatela si stacca, con una mano, nell'agitazione, l'ho urtata.
Colpa mia!
Ragno scusa!
Singhiozzo e mi accascio.
Tento di rincollarla con la mia saliva, ma appena la prendo in mano mi rimane appiccicata.
Tolgo i guantini rossi, li butto per terra, e prendo a mani nude il tutto.
Niente, è diventato un caos totale!
Lacrime a mai finire, il naso cola, le guance diventano rosse da morire e bollenti.
Tom?
Tom dove sei?
Il sole inizia a calare sui campi, l'ombra si staglia coraggiosa al suo posto.
Il grano è giallo, un giallo meraviglioso.
Qualche pastore qua e là riporta le pecore all'ovile.
Qualche pastore assaggia dell'acqua con un gigantesco mestolo.
I corvetti volano verso l'alto, il vento si fa più forte.
Presto, la luce che aveva illuminato il nostro cammino se n'era andata.
Il calore del sole ci aveva abbandonati.
Le lacrime smettono, mi calmo.
Raccolgo i guantini e li rimetto.

Pezzettini di mosche e ragnatela si sono infilati sotto le unghie, i pantaloni sono sporchi di verde, la mamma si arrabbierà.
Mi accovaccio sotto la quercia grande e chiudo gli occhi tremando.

Questo è quello che è successo prima.
Ora sono qua e lo sapete.
Tom non si trova, ho paura che sia stato sbranato, che qualche ragnone lo abbia succhiato o peggio, sia stato rapito da un pastore pazzo.
Mio padre lo dice sempre che ci sono dei pastori di cui non ci si deve fidare.
So come tornare a casa, non sarà difficile.
Non è difficile.
Non lo è.
Ho solamente paura che questo bosco possa diventare la mia prigione, il mio cuore perso.
L'anima che ho cercato a lungo e che non ho mai trovato per più di qualche minuto.
Ho paura che questo vecchio corpo non possa farcela come prima.
Sento il pericolo dell'errore.
Sento la schiena piegata a metà dall'umidità.
Le mani tremano, non di paura, ma per il freddo che si è stagliato nel mio stomaco.
Tom non è mai tornato.
Io non sono riuscito a fare nulla di nulla se non invecchiare.
Sento ancora qualche vecchio odore.
Credo di sentirlo.
Sento come si è rintanato nel mio corpo decrepito.
Ora, come allora, inseguito dai parenti, poco lontano da casa, tutti preoccupati.
Ora come allora, ho sempre bisogno di aiuto, come un bimbo, con le mie guance distrutte dal freddo.
Ora come allora le lacrime graffiano e bruciano il mio viso.

sabato 12 gennaio 2008

Inutile

Che fatica svegliarsi questa mattina.
Le coperte sanno ancora di sporco.
Ieri è stato un delirio.
Tutto ovviamente è finito.
Non ricordo bene se mi sono divertito o no.
So solo che le coperte sono sporche.
La serranda totalmente abbassata, e la finestra aperta.
Entra della polvere, filtra tra le assi di legno non allineate perfettamente.
La polvere galleggia e saltella nel raggio di sole che squarcia la mia camera.
Cosa è successo?
L'armadio stenta a stare in piedi, martoriato da colpi, pieno di scritte, bestemmie, frasi oscene.
La testa.
Cazzo, la testa.
Non la sento.
O forse la sento troppo.
In bocca la pasta.
La stessa che ho sugli occhi probabilmente.
Risveglio lento.
Lentissimo.
Impossibile.
Uccidetemi adesso, andrebbe bene.
A volte mi immagino, immagino di buttarmi sotto un'auto, vedere cosa succede.
Tirarmi giù da un ponte, o da un balcone con una bassa ringhiera.
Decidere di farlo e basta.
Nessuna motivazione logica, se non quella di provare.
Ma esistono cose che puoi provare una volta sola, e non avere l'onore di guadagnarci su alcuna esperienza.
La morte è una di queste.
Il momento della morte è il vero, essenziale, significato di momento.
Non sarebbe male avere una cameriera che mi pulisca la stanza, ora, subito.
Prima di crollare inevitabilmente sulla sporcizia delle coperte.
Troppo tardi.

venerdì 11 gennaio 2008

Gol!

Ho colpito la palla.
Il portiere non può fare nulla.
La sua faccia si contorce in una smorfia furiosa.
Mi guarda come ad insultarmi.
Il momento non passa mai.
Lo rivivo nella mia testa centinaia di volte.
Il pallone a mezz'altezza, sulla linea di porta.
Il tifo che si zittisce.
L'arbitro che sta per fischiare la fine.
Immobili.
Ogni cosa fermata dalle mani dell'emozione.
Dal sospiro del tempo.
Le gocce di sudore sul mio naso che, come stallatiti, cadono copiose.
Tutto aspetta.
Tutto guarda il secondo della sconfitta.
L'odio degli altri giocatori.
Il mio gesto atletico che verrà ricordato per sempre.
Il mio ginocchio piegato in maniera scomposta, il mio volto distorto dalla stanchezza che guarda la porta.
Io guardo a destra.
La palla è dietro di me.
Dietro la porta che sto difendendo.
Appena questo attimo finirà.
Tutto scorrerà come prima e la partita sarà conclusa.
Dovrò scappare.
Ho mirato dritto davanti a me.
Ma la palla entra nella porta sbagliata.
L'odio è dei miei compagni.
La felicità degli altri.
Meglio scappare.

giovedì 10 gennaio 2008

Pictures

Non vengo bene nelle fotografie.
Diciamo pure che le odio.
Le odio.
Il problema risiede nel momento.
Il motivo per il quale piacciono tanto, il momento, l'istante.
Raccolgono tutto questo e lo pietrificano.
Io invece non sopporto l'attimo.
Io non sono un qualcosa di istantaneo, una scintilla, uno schiocco di dita.
Io sono un fiume.
Un fiume di sentimenti.
Come puoi fotografare una parte e spacciarla per il tutto.
Vengo malissimo in foto.
Malissimo.
Io sono fatto di sfumature, di anelli uniti l'un l'altro sino a formare una catena infinita.
Non puoi beccare un anello e spiegare la vita di tutti gli altri.
Molti si accontentano di essere immortalati.
Io non riesco.
Mi fa rabbia.
La gente continua a scambiarsi foto, altri hanno interi book, altri ancora hanno invece paura di essere fotografati.
Il più grande inganno della nostra generazione è la fotografia.
Dispensa falsità e sentimenti prefabbricati.
La prova delle mie parole risiede nei sogni e nei pensieri.
Nessuno può fotografare un pensiero od un sogno.
Per quanto accurata, una foto sarà sempre e comunque uno specchio istantaneo.